N° 56

 

ROSSO COME UN TESCHIO

 

Di Carlo Monni

 

 

1.

 

 

            Solo pochi minuti fa la ragazza che ha raccolto il manto di Capitan America è riuscita ad afferrarsi al carrello di un aereo che stava levandosi in volo, un aereo sulle cui fiancate campeggia un disegno stilizzato che ricorda un teschio fiancheggiato dalle iniziali in alfabeto cirillico delle parole russe Krasnyy Cherep, ovvero Teschio Rosso.

            Giunto troppo tardi per aiutare la sua compagna di avventure, il Guardiano d’Acciaio, ex leader del supergruppo russo chiamato Guardia d’Inverno,[1] non può che osservare l’aereo allontanarsi.

            Dopo essersi lasciato sfuggire un’imprecazione, l’eroe patriottico russo riflette su cosa fare. Lui e Capitan America saranno anche rivali per il possesso del misterioso microchip rubato dagli agenti dell’altrettanto misterioso Teschio Rosso comunista, ma non intende lasciarla sola a combattere gli sgherri di quel farabutto.

Come raggiungere quel dannato velivolo, però? Per fortuna non è venuto impreparato.

Prende il comunicatore alla cintura e fa una chiamata.

 

Elizabeth Mary Mace, alias Capitan America, teme di aver fatto il passo più lungo della gamba: è riuscita ad entrare nell’aereo dei suoi nemici, questo è vero, ma la sua è una posizione scomoda sotto molti punti di vista. Si stacca dal carrello rientrato nel suo vano e tramite una botola riesce a salire nel vano superiore. Ora deve vedersela con gli occupanti del velivolo. Una sciocchezza, si dice, rispetto ad altri pericoli che ha affrontato in passato.

Il primo ad accorgersi di lei è Finisher, il sicario d’eccellenza del Teschio Rosso comunista. Mentre urla il suo nome le punta contro il suo bastone multiuso da cui spara una scarica elettrica. Cap la para col suo scudo ma due sgherri ne approfittano per saltarle addosso e gettarla a terra.

Calma ragazzi.- esclama Liz –Uno alla volta per carità.-

            Non sono degna del nome di Capitan America se non mi sbarazzo di questi imbecilli in meno di dieci secondi, pensa tra sé la ragazza e poi passa all’azione. Il primo uomo non si rende nemmeno conto di cosa l’ha colpito mentre un calcio alla mascella lo abbatte. Il secondo tenta di spararle, ma lei lo fa cadere afferrandogli le gambe con le sue in una presa a forbice, poi lo colpisce alla carotide col taglio della mano quando le piomba accanto.

Liz si è appena messa in ginocchio che qualcosa di freddo le si appoggia alla nuca.

-Le consiglio di non muoversi Capitano.- la voce di Finisher è melliflua ma non meno minacciosa –Quella che ho in pugno è una Makarov 9X18mm PM e le assicuro che da questa distanza le ridurrebbe in frantumi la sua bella testolina. Non mi costringa a misure così drastiche, la prego.-

            Come faccio a mettermi sempre in queste situazioni? Si chiede, sospirando, Liz.

 

            Quando esce di casa per recarsi al palazzo del Daily Bugle Joy Mercado è perplessa. Avrebbe scommesso che sarebbe stato puntuale, eppure… ma ecco che il rombo di un potente motore le colpisce le orecchie e quasi per magia una moto si ferma davanti a lei. Il motociclista si toglie il casco e rivela il volto di un uomo dalla carnagione scura, folti capelli neri con una ciocca bianca sulla tempia destra e gli occhi nascosti da occhiali scuri. Joy ha sempre pensato che assomigliasse ad un incrocio tra Michael Jackson e Prince ma non glielo ha mai detto. Quel che dice ora è solo:

-Credevo che non saresti più venuto.-

            Lui si limita a sorridere. Joy non sa se trovare irritante o interessante la sua laconicità. L’uomo chiamato Ace parla solo quando pensa di avere qualcosa di importante da dire. Quello che conta, però, è che se deve proprio avere una guardia del corpo preferisce lui.

            Ace le indica il sellino della moto e lei, dopo un istante di esitazione si mette il casco che lui le porge e salta in sella alle sue spalle stringendosi a lui.  Subito dopo la moto sfreccia nel traffico di New York rendendo le cose difficili ad eventuali inseguitori.

            Alle loro spalle qualcuno fa un gesto di stizza e poi fa una telefonata dal suo cellulare.

 

 

2.

 

 

            Sei Capitan America, si dice Liz, devi saperti cavare d’impaccio da situazioni simili o non puoi dirti degna del nome.

-Lasci cadere lo scudo o dovrò ucciderla.- ripete Finisher –Mi creda, lo farei con estrema riluttanza.-

            Avresti dovuto parlare di meno e uccidermi subito, pensa Cap mentre lascia cadere lo scudo sul pavimento dell’aereo. L’impatto lo fa rimbalzare, il che è esattamente quello su cui lei contava. Finisher si distrae una frazione di secondo, ma basta perché la sua avversaria gli sferri una gomitata allo stomaco mentre si tuffa a terra, poi sferra un calcio al suo nemico e si rimette in piedi con una capriola strappandogli la pistola.

-Bella mossa- commenta Finisher –Sei davvero all’altezza dei tuoi predecessori.-

-Basta con questa finta cortesia.- replica Cap –Chi sei davvero tu? Da quel che ho letto Finisher è morto una decina di anni fa ad Algeri.-[2]

-E la cosa ti sorprende davvero? Quanti dei nemici di voi supereroi sono tornati dalla morte dopotutto?-

            Logica impeccabile, pensa Liz, poi sente qualcosa alle sue spalle. Senza nemmeno voltarsi lancia il suo scudo dietro di sé e sente un grido: il pilota indubbiamente.

-Spero che lei sappia pilotare quest’affare, Capitano…- le dice Finisher -… o potremmo trovarci nei guai.-

-Tu sta tranquillo.- ribatte lei mentre lo lega, poi si avvicina al posto di pilotaggio. È il momento di vedere se il Corpo dei Marines ha speso bene i soldi del suo addestramento.

 

            Il suo nome è Guardiano d’Acciaio e sino a non molto tempo fa era il simbolo della sua Nazione, la Federazione Russa, poi tutto è cambiato: ora c’è una nuova Guardia d’Inverno guidata da un Guardiano Rosso che dice di essere nientemeno che Alexi Shostakov.[3] Chissà cosa ne pensa Natasha Romanova sempre che l’abbia già saputo?[4] Sia come sia, con i membri della sua vecchia squadra ricercati per crimini di cui sono sicuramente innocenti, la sua posizione è diventata ambigua, ma nonostante ciò lui continua a servire il suo paese a dispetto di tutti gli ottusi burocrati che vorrebbero diversamente.

            Adesso, però, il Guardiano non può permettersi di riflettere troppo, deve raggiungere Capitan America a tutti i costi ed in fretta. Non conosce il nome dell’uomo con cui si è incontrato e nemmeno gli interessa saperlo. In quel genere d’affari meno si sa e meglio è. Prende il pacco che l’uomo gli porge e mentre lo vede allontanarsi, ringrazia mentalmente Alexei Mikhailovitch Vazhin per aver pensato anche ai tempi grami.

 

            A mezzo mondo o quasi di distanza, nella città di New York, Sam Wilson si sta godendo una serata in compagnia di Claire Temple appena uscita dal quotidiano ciclo di riabilitazione dopo le ferite riportate in un attentato alla sua vita.

-Mi fa piacere rivederti di nuovo in forma.- le sta dicendo Sam.

-Proprio in forma non direi,- ribatte la dottoressa afroamericana –Ma almeno non sono più confinata a letto ed è già qualcosa.-

            Sam sta per ribattere a sua volta, quando nota un uomo che si avvicina loro barcollando. Droga o alcool è comunque strafatto, pensa Sam, uno spettacolo forse meno consueto di un tempo da quelle parti, ma ancora abbastanza familiare. Molti Newyorkesi farebbero finta di non vederlo, ma non Sam Wilson che gli si avvicina.

-Ehi amico…- gli chiede -… hai bisogno di aiuto?-

-Io… aiutami fratello.- biascica l’uomo di colore prima di cadere a terra.

-Overdose.- sentenzia Claire mentre Sam si china su di lui.

            Mai una serata tranquilla, pensa l’ex assistente sociale.

 

 

3.

 

 

            Ci sono uomini che con la loro sola presenza incutono timore a coloro che gli stanno davanti. Il Teschio Rosso è indubbiamente uno di questi. I suoi occhi duri e cattivi brillano di soddisfazione mentre l’uomo di chiara origine cinese gli porge quella che sembra una comuni chiavetta USB.

-Wunderbar!- esclama nella sua natia lingua tedesca, poi si rivolge in Inglese ad un uomo seduto poco distante nella sala –I codici di attivazione la sola cosa che mi mancava per dare il via al mio grandioso piano. Finalmente avrò la rivincita sugli odiati Stati Uniti.-  -E spero, Herr Teschio…- gli replica il suo interlocutore -… che non dimenticherete chi l’ha reso possibile.-

-Naturalmente. Io non dimentico mai chi mi ha servito fedelmente. Le mie ricompense sono generose quanto terribili sono le mie punizioni a chi mi tradisce.-

            Se l’uomo ha un brivido di paura non lo dà a vedere. Non gli piace sentirsi definire un servitore, ma non protesta. Quando ha accettato la proposta del Teschio Rosso sapeva a cosa andava incontro ed al punto in cui è arrivato un’accusa di tradimento del suo paese è un rischio inferiore a quello di provocare la collera del Teschio.

            Senza che nessuno di loro se sia accorto, qualcuno ha ascoltato i loro discorsi, qualcuno che ora si allontana provando qualcosa di molto simile al terrore. Ha sempre saputo che il Teschio Rosso e molti dei suoi cosiddetti alleati erano pazzi, ma gli era convenuto seguirli… paga buona e tutti gli altri benefici collaterali… però quel che il Teschio sta progettando lo spaventa davvero. Cosa deve fare?

 

            Capitan America sta pilotando il jet quando la sua attenzione è attirata da qualcosa che si sta affiancando all’aereo. Un uomo volante che si lascia dietro una scia simile quella dei jet. Che Iron Man l’abbia raggiunta sin qui? Improbabile, a quanto ne sa dovrebbe essere ancora in Giappone.[5]

            No… non è Iron Man è… il Guardiano d’Acciaio? È proprio l’eroe russo con indosso un jetpack, dove diavolo l’ha trovato?

            Inserito il pilota automatico Liz Mace apre il portello dell’aereo quanto basta a far entrare il Russo. Per fortuna a quell’altitudine il pericolo di decompressione è trascurabile.

-Che diavolo credevi di fare?- gli chiede mentre richiude il portello alle loro spalle.

-Non potevo lasciarti da sola.- risponde il Guardiano –Siamo soci in quest’impresa, ricordi?-

-Come potrei dimenticarlo? Dove hai trovato quell’attrezzatura?-

-Non ha molta importanza. Hai il chip?-

-Dovrebbe averlo Finisher. Non ho avuto il tempo di perquisirlo.-

-È quanto mi serviva sapere. Mi spiace.-

-Di cosa?-

-Di questo.-

            Il Guardiano d’Acciaio si muove velocissimo e Cap, pur stando in guardia non riesce ad evitare che qualcosa la punga alla spalla sinistra. Subito le gambe le cedono e mentre un velo nero le cala sugli occhi riesce a mormorare:

-Vigliacco.-

-Credimi: mi dispiace sul serio.-  le dice il Guardiano ma lei non può più sentirlo.

            Il Guardiano si avvicina a Finisher e lo perquisisce finché non trova quel che cerca.

-Perfetto.- esclama infilandolo nella cintura

-Che intenzioni hai adesso?- gli chiede Finisher.

-Con te, intendi dire? Immagino che dovrei consegnarti alle autorità, ma di questi tempi nemmeno quelle del mio paese mi vedono di buon occhio e temo che i neozelandesi tenterebbero di arrestarmi se sapessero cos’ho con me…quindi che posso fare con te ed i tuoi amici della banda del Krassnyy Cherep? Penso che vi lascerò a sbrigarvela da soli. –

            Detto questo il Guardiano si avvicina a Capitan America ancora incosciente e la solleva, poi apre di nuovo il portello preparandosi a saltare.

-Aspetta un momento…- gli urla Finisher –Non puoi lasciarci così! È come condannarci a morte.-

-Sei un tipo pieno di risorse, no?- replica il supereroe russo –Troverai il modo di cavartela. Magari l’aereo cadrà in pieno oceano o il pilota si risveglierà in tempo. Comunque non mi riguarda.-

            Sempre stringendo a sé Liz il Guardiano d’Acciaio salta nel vuoto.

 

            Il Tenente Colonnello dell’USAF Michael Rossi non è il tipo da perdere tempo in preamboli e una volta stabilito il contatto video col suo superiore diretto alla D.I.A.[6] Vice Ammiraglio Henry H. Nelson gli chiede subito:

-Chi diavolo è il Comandante America?-

<<Mi venga un colpo se lo so.>> replica Nelson. Di solito il suo linguaggio è misurato e questo è il segno che anche a lui non va a genio non sapere niente.

-Dovrebbe essere nostro compito sapere certe cose, signore.-

<<Vedrò di informarmi… se lavora per noi deve esserci qualcuno al Pentagono che ne sa qualcosa… ma non è per questo che l’ho chiamata: notizie dalla nostra agente nelle Isole Cook?>>

-Ancora nulla… ma aspetto un rapporto da un momento all’altro.-

            Rossi non aggiunse di essere preoccupato. In fondo Liz Mace è una ragazza in gamba e saprà cavarsi fuori da eventuali imprevisti.

 

 

4.

 

 

            Un viaggio sino al più vicino ospedale, poi il volto del medico più eloquente di mille parole.

-Non ce l’ha fatta, vero?- chiede Claire Temple. Anche lei è un medico. Aveva capito subito che il ragazzo non ce l’avrebbe fatta ma non aveva voluto mollare.

-Faremo le analisi.- dice il medico –Ma già immagino che sia colpa di quella nuova patita di droga arrivata di recente dal Sud America. Abbiamo già avuto sette morti negli ultimi tre giorni. Ai trafficanti non interessa se la loro merce è tagliata con qualche veleno. A chi importa se muore qualche drogato, specie se nero?-

            A me importa, pensa Sam Wilson, a me importa. Mentre accompagna Claire a casa il suo volto è cupo e la sua testa piena di pensieri.

-Che cosa c’è Sam?- chiede lei.

-Quando ero assistente sociale ho visto molti casi come questo. Speravo che le cose stessero cambiando, ma non cambieranno mai finché certa gente sarà ancora in circolazione.

-Stai pensando a Morgan, vero?-

-E a chi altri? In questa parte della città c’è il suo zampino in ogni affare illegale. Qualcuno deve fermarlo.-

            Ed è un compito che tocca a me, pensa.

 

            Il Guardiano d’Acciaio non è affatto fiero di quello che ha fatto, ma non ha avuto scelta… o almeno è quel che continua a ripetersi mentre aspetta il suo contatto.

-Ce l’hai?-

            L’uomo è comparso quasi dal nulla.

-Sì.- risponde il Guardiano tendendo una mano.

            Il nuovo arrivato prende il chip e commenta:

-Le informazioni contenute qui dentro sono troppo pericolose perché le abbia qualunque governo, compreso il tuo, Guardiano… figuriamoci il Teschio Rosso…. Nazista o Comunista che sia.-

-Sono d’accordo. Per questo ho accettato di aiutarti. So che tu non lo userai a beneficio di una sola parte.-

-Non lo userò affatto. E ora... posso aiutarti in qualche modo? A quanto ho sentito, sei diventato anche tu un fuorilegge nel tuo stesso paese come i tuoi ex compagni della Guardia d’Inverno.-

-Già… i criminali sono diventati eroi e gli eroi criminali. Per mia fortuna solo Vazhin sa chi sono veramente e lui non parlerà.-

-Ne sono convinto. E ora che farai?-

-Qualcosa m’inventerò. Addio.-

-Addio e buona fortuna.- risponde Nick Fury.

 

Se nelle Isole Cook è notte fonda, a New York City è quasi l’alba e Paul Hadley Morgan sta dormendo nell’ampio letto di una delle camere del suo attico a Harlem. Accanto a lui due ragazze, una bianca dai capelli biondi e un’asiatica, entrambe nude come lui. La vita del boss del crimine di Harlem è dura e ogni tanto bisogna concedersi un po’ delle migliori distrazioni che il denaro può comprare.

Improvvisamente qualcosa che non sa identificare con certezza lo fa svegliare: c’è un estraneo nella stanza. Istintivamente Morgan allunga la mano sotto il cuscino dove tiene una pistola.

-Io non lo farei se fossi in te.- dice una voce determinata... una voce che lui ben conosce.

-Falcon.- esclama –Cosa vuoi a quest’ora della notte?-

-Solo darti un avvertimento.- replica il protettore di Harlem –Stanotte è morto un ragazzo a causa della droga che tu spacci ed io farò in modo che tutto questo finisca.-

-Io non spaccio… io…-

            Falcon lo afferra per il collo.

-Risparmiami la solita tiritera dell’onesto imprenditore.- gli dice con voce dura –Lo sappiamo benissimo entrambi da dove vengono i tuoi soldi.-

-Se… se avessi una sola prova contro di me, sarei già in galera e tu non il coraggio di prendere la legge nelle tue mani e uccidermi, giusto?-

            Falcon lo lascia andare.

-Ti starò addosso, Morgan, è una promessa.-

            E senza dire altro, vola via dalla stessa finestra da cui è entrato.

-Ma che voleva?- chiede la ragazza bionda che nel frattempo si è svegliata.

-Nulla che ti interessi.- ribatte Morgan –Solo una seccatura, nulla di più. Ora che siamo tutti svegli, riprendiamo da dove avevamo lasciato.        

 

 

5.

 

 

La sua testa è pesante quando Liz Mace apre gli occhi. Quel dannato Guardiano d’Acciaio l’ha narcotizzata e le ha rubato il chip ci scommetterebbe tutto quello che ha. Improvvisamente si rende conto di essere sdraiata su un letto. Si guarda intorno e riconosce la stanza d’albergo da lei prenotata come Honey Rider. Il Guardiano conosce la sua copertura dunque. Con un po’ di fortuna, però, Honey Rider è il solo nome che conosce. Le ha lasciato indosso il costume di Capitan America. Si è limitato a portarla nella sua stanza e adagiarla nel letto. Che gentiluomo.

            Dominando la sua rabbia Liz si spoglia e va a farsi una doccia. Dopo il getto caldo apre l’acqua fredda schiarendosi completamente il cervello. Inutile farsi il sangue cattivo, pensa. Se il Guardiano d’Acciaio è ancora sull’isola lo troverà o altrimenti gli darà la caccia, questo è certo.

Guarda l’orologio e vede che è ora di pranzo. Tanto vale scendere, pensa. Si infila una camicetta, un paio di short e dei sandali poi si acconcia i capelli biondi raccogliendoli sulla nuca con una frangetta che ricade appena sopra l’occhio destro.

Non c’è molta gente in sala da pranzo, ma uno dei presenti attira la sua attenzione: è un uomo di circa trent’anni, alto un metro e 88 circa, capelli biondi tagliati a spazzola, in stile tipicamente militare, occhi azzurri e penetranti, uno sguardo familiare, pensa lei. Indossa con disinvoltura un’uniforme da lavoro dell’aviazione russa. Ma certo: sa chi è.

-Che piacere rivederla Miss Rider.- la saluta il giovane –Si ricorda di me? Maggiore Andrei Nicolaievitch Rostov. Ci siamo conosciuti l’altra sera al ricevimento. Che felice coincidenza ritrovarci qui stamani, vero?-

            Già… che felice coincidenza, pensa Liz.

 

            Cambridge, Massachusetts, sede della prestigiosa Università di Harvard. Roberta Ann Mace Bobbie per gli amici, è una comunissima studentessa del secondo anno del corso preparatorio di giurisprudenza. Il fatto che ben quattro membri della sua famiglia abbiano ricoperto il ruolo di Capitan America e che fin da bambina abbia conosciuto molti avventurieri in costume o loro parenti non la rende poi molto meno comune in fondo ed è proprio questo il punto a pensarci bene: essere normali in una famiglia speciale.

            Probabilmente è il fatto di essere distratta da questi e altri pensieri mentre cammina per i viali del campus che fa sì che non si accorga che qualcuno altrettanto distratto sta arrivando dalla direzione opposta. Lo scontro è praticamente inevitabile e per fortuna nessuno dei due cade.

-Ehi… attento a dove vai.- esclama, seccata Roberta.

-Potrei dire lo stesso di te.- ribatte l’altro… che poi è un’altra: una bella ragazza dai capelli rossi e occhi verdi –No, scusa stavo pensando ad altro non ti ho vista.-

-Beh… anch’io.- ammette ridendo Bobbie e le tende la mano –Incidente chiuso? Io sono Bobbie… Roberta.-

-E io sono Callie.- risponde l’altra.

 

            L’ufficiale russo è davvero simpatico, pensa Liz Mace, un brillante conversatore. Parla Inglese meglio di quanto lei parli Russo con appena una traccia di accento e Liz è convinta che la cosa sia voluta. È molto affascinante e sa di esserlo. Sta cercando di sedurla forse? Sarebbe interessante vedere fino a che punto intende spingere il gioco.

-E così lei pilota jet da combattimento?- dice la ragazza –Affascinante Ha partecipato ad azioni di guerra?-

            Un’ombra sembra passare nello sguardo di Andrei Rostov.

-No.- risponde dopo una lieve esitazione. -Non di recente almeno.-

            Qualcosa nel suo tono di voce consiglia Liz di rimandare ogni discussione sull’argomento. Continua, quindi nel suo ruolo di copertura. Flirtare con lui è davvero facile. Si sta abituando troppo al suo ruolo di spia… del resto anche lui non è da meno, se i suoi sospetti sono giusti.

            Escono avviandosi verso la spiaggia.

-Oggi sono libero da impegni.- dice Rostov –Che ne dice di farci una nuotata?-

-Non ho portato il costume da bagno.- replica Liz.

-Non è un problema per me… se non lo è per lei.- ribatte lui sorridendo.

Non poteva essere più esplicito. Che fare adesso?

-Niente affatto.- risponde la ragazza.

 

 

6.

 

 

            A diverse miglia di distanza, nella tentacolare città di New York, la reporter Joy Mercado sta facendosi la stessa domanda ma la sua risposta è diversa. La sua indagine sull’attentato alla sede del F.B.S.A.[7] è praticamente ad un punto morto come quelle ufficiali. Cosa può fare per andare avanti? Se almeno Jeff Mace avesse lasciato degli appunti prima di scomparire… si rifiuta di pensare che sia morto anche se tutte le prove indicano che lo sia. Un momento… e se lo avesse fatto?

-Ace… dobbiamo fare una visita a Brooklyn.-

            L’uomo chiamato Ace non dice niente, com’è sua abitudine e si limita a scortarla fino a dove ha parcheggiato la moto. Pochi minuti e sono partiti.

Alle loro spalle un’auto dai vetri oscurati si pone sulla loro scia.

 

Forse avete presente una scena molto famosa ed imitata di un film del 1953, “Da qui all’eternità”, in cui Burt Lancaster e Deborah Kerr si baciano sul bagnasciuga di una spiaggia delle Hawaii. Se è così non farete fatica ad immaginare la stessa scena con protagonisti stavolta Andrei Rostov e Liz Mace in una piccola e nascosta spiaggia dell’isola di Rarotonga, la principale delle Isole Cook.

Quello che abbiamo fatto… che ho fatto non è stato molto professionale, pensa Liz, ma al diavolo i sensi di colpa. L’immagine di Marty Mitchell le arriva alla mente ma la cancella subito.

Quel che accade ora tra i due non è cosa che debba interessarci quel che conta è quel che accade dopo, quando i due amanti raggiungono il punto dove hanno lasciato i loro vestiti.

Rostov accarezza una guancia di Liz e le dice:

-Voglio che tu sappia che sono stato davvero bene con te. Credimi, sono sincero.-

-Anch’io… mi sono divertita.- replica Liz con una traccia dii sarcasmo nella voce –Quanto all’essere sinceri… voglio davvero sperare che su questo tu lo sia stato Andrei… se questo è il tuo vero nome. Forse dovrei chiamarti Josef… Josef Petkus o preferisci Guardiano d’Acciaio?-

            Il volto di Rostov non mostra segni di sorpresa e dopo meno di un secondo si distende in un sorriso.

-Quando l’hai capito?- chiede.

-Non appena ti ho visto in hotel. Non ho creduto nemmeno per un istante che fosse una semplice coincidenza… e comunque eri il solo possibile sospetto. Lo stesso vale per me, immagino.-

-Infatti.- ammette Rostov –Non ho avuto difficoltà a capire chi potesse essere Capitan America quando c’era sull’isola una bionda americana che casualmente aveva agganciato il generale Ramanchuk… senza contare il leggero sentore di “J’adore” di Dior che ho sentito su Capitan America.-

            Liz si dà della sciocca. Non aveva proprio pensato a quello.

-A proposito…- continua lui –Puoi continuare a chiamarmi Andrei se vuoi. Josef Petkus è solo un’identità di copertura creata per depistare chi volesse scoprire quella vera. Non so perché ti dico questo. Oh, immagino che Honey non sia il tuo vero nome.-

-Non lo è, infatti. Perdonami se non ti dico quello vero.-

-Non mi interessa saperlo. Mi basta Honey e sei davvero dolce come il miele.- Rostov allunga la mano per accarezzarla di nuovo ma Liz si ritrae.

-So anche essere pungente come le api che lo producono.- ribatte –Specie con chi mi fa certi scherzetti.-

-Ho fatto solo quel che dovevo fare, tu avresti fatto altrettanto al mio posto.-

-Ed è solo per quello che non ti ho riempito di botte fino a farti sputare sangue… e forse anche per altre ragioni. Dove hai messo il chip?-

-Non l’ho con me, come puoi vedere. Sta tranquilla: è al sicuro. Ho fatto in modo che nessuno l’abbia né il governo russo né quello americano o di qualunque atro paese. È nelle mani di un comune amico senza un occhio che ne farà buon uso, me lo ha garantito.-

-Credevo che tu lavorassi per il governo russo.-

-Non sei aggiornata. Mi hanno sostituito con il Guardiano Rosso… sono tornati all’antico. Sono un’agente libero adesso e sulla lista nera dei servizi di sicurezza probabilmente.-

-Perché dovrei fidarmi?-

-Perché non dovresti? Abbiamo impedito al Teschio Rosso degli Anni 50 o a chi ha preso il suo posto di impadronirsi del chip e credo che sarai d’accordo con me che nelle mani dello S.H.I.E.L.D stara meglio che in quelle dei nostri governi.-

--Ok.- ammette Liz –Su questo posso anche essere d’accordo… ma c’è un’altra cosa che voglio sapere: che ne hai fatto di Finisher e della ciurma del suo aereo? Voglio sperare che tu non li abbia…-

-… uccisi? Tranquilla, mi sono limitato a neutralizzarli e dopo aver preso il chip li ho... lasciati al loro destino. Per quel che ne so, sono tutti ancora in buona salute.- Beh… non è davvero una bugia in fondo, pensa Rostov sorridendo.

-Ok… mi hai convinta...- conclude Liz -… ma prima di dichiarare chiuse le ostilità…- gli sferra un pugno sul mento -… questo per avermi drogata a tradimento.-

-Me lo meritavo.- dice Rostov massaggiandosi il mento –Bene… e adesso che abbiamo deciso che non ci batteremo, che facciamo? Io un’idea ce l’avrei, ma non so se tu…-

-Ho ancora un paio di giorni di vacanza da sfruttare- risponde Liz e passarli qui mi pare un’ottima idea.  Tu hai altro da fare?-

-Assolutamente nulla.-

            Scivolano di nuovo sulla sabbia abbracciati e su quel che accade dopo stendiamo ancora una volta il sipario.

 

            Molto lontano da lì un uomo con la maschera da Teschio Rosso impreca. Un altro fallimento. Quei buffoni in costume sono sempre la sua rovina, ma in qualche modo avrà prima o poi la sua rivincita, dopotutto sta giocando la sua partita su più fronti.

            Aleksandr Lukin si rilassa e si prepara alla sua prossima mossa.

 

 

FINE

 

 

NOTE DELL’AUTORE

 

 

            Pochi convenevoli e passiamo subito alle note:

1)    Conclusione forse anomala per questa storia, ma a mio parere in linea con il tono spionistico della narrazione. Confesso che questa storia avrebbe avuto un andamento ed un finale un po’ diversi se nel frattempo Fabio Volino su The Others 29/35 non avesse sconvolto lo status quo dei supereroi russi e non solo. Cambiato lo status del Guardiano d’Acciaio è cambiata anche la direzione della storia.

2)    Alzi la mano chi non aveva indovinato la vera identità del Guardiano d’Acciaio… anche perché, come dice anche Liz, non c’erano altri sospetti. Ma i segreti del Guardiano non sono finiti. Ne saprete di più su Marvel Knights.

3)    Chi è Ace? Si tratta di un personaggio creato da Peter David & Mark Beachum su Spectacular Spider Man Annual #5 (In Italia su Uomo Ragno, Star Comics, #64) di origine portoricana con non ben specificati poteri di non ben chiara natura. Lo rivedremo spesso su queste pagine,

Nel prossimo episodio… continuano gli exploit internazionali di Capitan America, stavolta impegnata in Estremo Oriente. In più: le solite sottotrame e il ritorno del Comandante America… ah ed anche due grandi assenti di questo episodio: Sin e Crossbones.

 

 

Carlo



[1] Perché ex? Scopritelo in The Others ##29/35.

[2] Come narrato nel classico Amazing Spider Man Annual #5 del 1968

[3] Come narrato in The Others 35.

[4] Lo scoprirete presto leggendo Devil e Marvel Knights.

[5]Come saprete se leggerete Iron Man MIT #55.

[6] Defence Intelligence Agency, l’agenzia di spionaggio e controspionaggio del Dipartimento della Difesa americano.

[7] Nell’episodio #50.